7.
L'equipaggio del rompighiaccio era stato avvertito dal radar dell'avvicinarsi dell'aereo. Gli uomini che si trovavano in sala comando si chinarono istintivamente quando, con gli ugelli di due motori che ululavano come spettri annunciatori di sventura, l'aereo passò sopra di loro e si diresse verso ovest, verso la costa della Groenlandia.
Il rombo invase il compartimento elettronico e poi si svuotò come un lago attraverso la falla di una diga. Knight si precipitò in sala comando, seguito da Pitt e Giordino. Nessuno degli uomini che si trovavano in plancia si voltò quando il comandante fece irruzione.
«Che cosa diavolo era?» chiese Knight all'ufficiale di turno.
«Un aereo non identificato che per poco non ha speronato la nave, comandante.»
«Un aereo militare?»
«No, signore. Ho intravisto la parte inferiore delle ali quando è passato sopra di noi. Non c'erano contrassegni.»
«Forse era un aereo-spia?»
«Ne dubito. I finestrini erano illuminati.»
«Un aereo di linea?» suggerì Giordino.
Knight assunse un'espressione vaga, un po' irritata. «Come si è permesso, quel pilota, di mettere in pericolo la mia nave? E poi, che cosa ci fa da queste parti? Siamo lontani centinaia di chilometri dalle rotte commerciali.»
«L'aereo sta perdendo quota», spiegò Pitt, mentre seguiva con gli occhi le luci che si allontanavano verso est. «Direi che fra poco scenderà in mare.»
«Dio li aiuti, se finiscono in mare con questo buio.»
«È strano che il pilota non abbia acceso le luci per l'atterraggio.»
L'ufficiale di turno annuì. «Sì, è davvero strano. Un pilota in difficoltà avrebbe trasmesso una richiesta di soccorso. Ma la nostra sala comunicazioni non ha ricevuto alcunché.»
«Avete cercato di contattarlo?» chiese Knight.
«Sì, non appena l'abbiamo avvistato sul radar. Nessuna risposta.»
Knight andò alla finestra e guardò all'esterno. Tamburellò pensosamente con le dita per qualche secondo, poi si girò verso l'ufficiale di turno.
«Manteniamo la rotta. Continuiamo a seguire la griglia.»
Pitt lo guardò. «Capisco la decisione, ma non posso dire che l'approvo.»
«Siamo a bordo di una nave della Marina, Pitt», disse Knight in tono severo.
«Non siamo la Guardia Costiera. La nostra missione ha la precedenza assoluta.»
«Potrebbero esserci donne e bambini su quell'aereo.»
«I fatti non indicano che sia in atto una tragedia. Se il Polar Explorer è l'unica speranza di salvezza in questa zona del mare, perché non hanno chiesto aiuto, perché non hanno tentato di farci segnali con le luci di atterraggio e di farci capire quel che stavano per fare? Tu voli: spiegami un po' perché il pilota non ha girato in cerchio sulla nave, se era in difficoltà.»
«Forse sta cercando di atterrare.»
«Chiedo scusa, comandante», intervenne l'ufficiale di turno. «Avevo dimenticato di dire che gli alettoni erano abbassati.»
«Questo, comunque, non prova che stesse per precipitare», disse ostinatamente Knight.
«Al diavolo la compassione e avanti a tutta forza!» commentò con freddezza Pitt. «Non siamo in guerra, Byron. Stiamo parlando di una missione umanitaria. Non vorrei avere sulla coscienza la morte di cento persone solo perché non sono intervenuto. La Marina può anche permettersi di consumare il carburante che occorrerà per andare a vedere.»
Knight indicò con la testa la sala delle carte nautiche dove non c'era nessuno. Quando Pitt e Giordino furono entrati, chiuse la porta.
«Dobbiamo pensare alla nostra missione», insistette con calma. «Se abbandoniamo la rotta proprio adesso, i russi sospetteranno che abbiamo trovato il loro sottomarino e piomberanno in quest'area.»
«Giustissimo», ammise Pitt. «Ma puoi comunque mandare me e Giordino.»
«Sentiamo.»
«Prenderemo il nostro elicottero della NUMA, e tu ci darai il medico e gli infermieri e un paio di marinai robusti. Inseguiremo l'aereo mentre il Polar Explorer continua la sua missione.»
«E i russi? Che cosa penseranno i loro analisti dei servizi segreti?»
« All'inizio non la considereranno una coincidenza, anzi con ogni probabilità staranno già cercando di stabilire un nesso. Ma se l'aereo precipita, Dio non voglia, e risulta che è un aereo di linea, allora avrai almeno una ragione legittima per abbandonare la rotta e iniziare un'operazione di soccorso. Poi riprenderemo la ricerca, imbroglieremo i russi e cercheremo di trasformare un disastro in un successo.»
«Ma il volo dell'elicottero... sorveglieranno tutti i vostri movimenti.»
«Io e Al useremo le comunicazioni aperte e continueremo a parlare della nostra ricerca dell'aereo misterioso. Dovrebbe bastare per sopire i loro sospetti.»
Knight abbassò gli occhi. Poi sospirò, rialzò la testa e fissò Pitt.
«Stiamo sprecando tempo. Andate a scaldare il vostro eli. Vi manderò il personale medico e una squadra di volontari.»
Rubin non aveva tentato di girare in cerchio sopra il Polar Explorer perché era a quota troppo bassa e comunque non sapeva volare. Era quasi certo che avrebbe mandato in stallo l'aereo e lo avrebbe fatto piombare fra le onde.
La vista della nave, comunque, aveva acceso un barlume di speranza. Erano stati avvistati e i soccorritori avrebbero saputo dove cercare i superstiti. Non era una grande consolazione, ma era sempre meglio che niente.
Il mare nero lasciò bruscamente il posto al ghiaccio del pack che, sotto la luce delle stelle, vorticò all'impazzata al di sotto dell'aereo, tanto che Rubin aveva quasi la sensazione di slittare sulla superficie.
Mancavano pochi minuti all'impatto quando finalmente si ricordò di ordinare a Ybarra di accendere le luci per l'atterraggio.
Il messicano scrutò febbrilmente il quadro degli strumenti, trovò gli interruttori contrassegnati e li fece scattare. Un orso polare venne inquadrato per un momento dal chiarore improvviso, poi sparì. Stavano sfrecciando sopra una piana desolata e gelida.
«Madonna santa», mormorò Ybarra. «Vedo una fila di colline sulla nostra destra. Siamo sopra la terraferma.»
Il pendolo della fortuna aveva finalmente cambiato direzione in favore di Rubin. Le colline indicate da Ybarra erano una catena di montagne che sovrastava la costa accidentata della Groenlandia per centocinquanta chilometri nell'una e nell'altra direzione. Ma Rubin le aveva evitate, e miracolosamente aveva portato il Boeing nel centro dell'Ardencaple Fjord. Stava sorvolando la stretta baia, fra le sommità dei dirupi scoscesi che la fiancheggiavano. E la fortuna faceva spirare un vento frontale che contribuiva a sostenere in aria il Boeing.
Il ghiaccio sembrava così vicino da dargli l'impressione di poterlo toccare con la mano. Le luci si riflettevano su un caleidoscopio di colori vibranti. Una massa scura torreggiava davanti a lui. Premette delicatamente il pedale del timone di destra e la massa scivolò via, sulla sinistra.
«Giù il carrello!» gridò Rubin.
Ybarra obbedì in silenzio. Secondo le normali procedure per un atterraggio d'emergenza quella era la decisione peggiore: ma, nella loro ignoranza, i due uomini avevano compiuto la scelta più adatta a quel tipo di terreno. Il carrello si abbassò e l'aereo perse velocità a causa dell'accresciuta resistenza del vento.
Rubin strinse convulsamente la barra dei comandi e lanciò un'occhiata in basso, verso il ghiaccio che sfrecciava sotto di lui. I cristalli sfolgoranti diventavano sempre più grandi e sembravano salire per andargli incontro.
Chiuse gli occhi e si augurò che l'aereo scendesse sulla neve soffice anziché sul ghiaccio durissimo. Ormai lui e Ybarra non potevano fare di più. La fine si avvicinava a velocità spaventosa.
Per sua fortuna non sapeva e non poteva sapere che il ghiaccio aveva lo spessore di un metro soltanto. Era troppo sottile per reggere il peso di un Boeing 720-B.
Le innumerevoli spie degli strumenti erano impazzite e lampeggiavano di luci rosse. Il ghiaccio salì precipitosamente dalla tenebra. Rubin ebbe la sensazione di squarciare un sipario nero e di giungere in un vuoto assoluto e bianchissimo. Tirò all'indietro la barra di comando e la velocità del Boeing si ridusse di colpo mentre il muso si alzava per l'ultima volta nel vano tentativo di risalire nel cielo.
Ybarra rimase immobile, impietrito. Dimenticò la velocità di trecentoventi chilometri orari e, raggelato dallo shock, non tentò di tirare indietro le cloche. La sua mente stordita non pensò a spegnere gli interruttori del carburante e dell'impianto elettrico.
Poi ci fu l'impatto.
Istintivamente, Rubin e Ybarra alzarono le mani e chiusero gli occhi. Le ruote toccarono, slittarono, scavarono solchi gemelli nel ghiaccio. Il motore interno di destra si piegò, fu strappato via e si perse roteando nell'oscurità. I due motori di destra affondarono nel ghiaccio nello stesso istante e distorsero l'ala in una massa contorta. Poi l'energia venne a mancare e tutte le luci si spensero.
Il Boeing continuò la corsa sul ghiaccio del fiordo lasciando dietro di sé pezzi stridenti di metallo simili a particelle di una cometa, poi si schiantò contro una cresta formata dalla pressione quando il ghiaccio del pack era entrato in collisione. Il muso cozzò, rientrò su se stesso e sfondò il «pozzo dell'inferno». La prua si abbassò e affondò nel ghiaccio, ripiegando contro la cabina di comando le sottili lastre di alluminio. Finalmente la forza d'inerzia si esaurì e l'aereo, distorto e smembrato, giunse alla fine del viaggio disastroso. Si fermò a trenta metri da un ammasso di grossi macigni nei pressi della riva.
Per qualche secondo regnò un silenzio di morte. Poi il ghiaccio emise una serie fragorosa di crepitii, il metallo stridette contro il metallo e l'aereo semidistrutto affondò lentamente attraverso il ghiaccio nell'acqua gelida.